La chiave di lettura che accomuna le opere presentate in questo numero di Progetti è la loro apparente semplicità. Una qualità che ogni buon architetto dovrebbe tenere in grande considerazione. L’architettura è importante, ma non deve sentirsi o mostrarsi importante. Segni semplici, idee chiare sono vitali nel progetto architettonico, il cui scopo è quello di risolvere il tema che è chiamato ad affrontare in maniera comprensibile e quanto più condivisibile. L’architettura può essere complessa ma, qualunque sia il linguaggio che essa adotta, non può essere complicata, perché nulla allontana la gente, vale a dire chi vivrà davvero nell’architettura che si sta progettando, più dell’inutile grandiosità. Ma se parliamo dell’itinerario per raggiungere questa semplicità, il discorso cambia e le cose si fanno tutt’altro che semplici. La semplicità in architettura non deriva da una formula stilistica, né da una sottovalutazione delle esigenze funzionali. Viene da un dialettico processo di valutazione di alternative, di selezione di soluzioni: l’architettura richiede tempo e fatica. Soprattutto quando vuole essere semplice. Lo precisava con acutezza, quasi trent’anni fa, Vittorio Gregotti. «Come in ogni periodo eclettico, in questo momento l’ossessione per la preoccupazione...dall'editoriale di Franco Panzini.

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